Al Vinitaly appena concluso molto si è parlato di vino biologico e FederBio ha confermato il trend positivo diffondendo i numeri del comparto.
“Già nel 2016 nel mondo gli ettari di vigneto biologico, coltivato senza un grammo di sostanze chimiche di sintesi erano 380.000, oltre il 5% dell’intera superficie a vite” – commenta Mariagrazia Mammuccini, viticoltrice in Toscana e consigliere delegato di FederBio – “Questa superficie è concentrata in Europa: i 328mila ettari di vigneto biologico del Vecchio continente pesano già per l’8,5% del totale, e continuano a crescere”.
Il ruolo dell’Italia – Nel Vecchio Continente un posto d’onore è riservato all’Italia, dove si trovano ben un terzo dei vigneti biologici europei e dove il tasso di crescita ha dell’impressionante: “Nel 2012 coltivavamo con metodo biologico 52.000 ettari, nel 2016 la superficie ha superato i 103.500: un raddoppio in soli quattro anni, il segnale più evidente che il mercato del vino ha imboccato la strada della sostenibilità. Il consumatore cerca prodotti “green”, ottenuti senza chimica di sintesi che contamini falde acquifere e suolo, per non parlare dei residui che può lasciare in bottiglia. E vuole tecniche di trasformazione responsabili e ”dolci” delle uve, che ne esaltino le caratteristiche organolettiche senza ricorrere a un’intera farmacia di coadiuvanti e additivi”.
La produzione di vino biologico italiano – Ammonta a circa 500 milioni di litri, destinati al canale delle enoteche, dei negozi specializzati in prodotti biologici, alla grande distribuzione (in cui nel 2016 le vendite sono aumentate di un eloquente 65% per gli spumanti bio, dell’85% per i vini DOC e DOCG e di un incredibile 118% per i vini a indicazione geografica), alle vendite dirette nelle aziende agricole e all’agriturismo, alla ristorazione di qualità.
Supermercati e export – Nell’ultimo anno nei supermercati italiani le vendite di vini biologici piemontesi sono aumentate del 415%, quelle dei vini bio dell’Emilia Romagna del 233%. A +176% i vini biologici siciliani, +107% per quelli delle Marche, +70% per i toscani, e così via, tutti con segno positivo.
Il successo non è solo sul mercato interno, anzi: cresce l’export (che rappresenta ancora lo sbocco più significativo per le cantine biologiche italiane). I mercati più rilevanti sono Germania, Stati Uniti, Svezia, Canada, Svizzera, con una sorprendente Cina come sesta destinazione, seguita da Regno Unito, Giappone e qualche altra decina di mercati di peso minore.
Vinitaly Bio – In collaborazione con Verona Fiere, FederBio ha dato vita alla quarta edizione di Vintaly Bio, un salone nel salone che ha raccolto 70 cantine biologiche di 15 regioni (con una lista d’attesa di altre cinquanta: lo spazio disponibile è del tutto insufficiente) e che ha visto presentazioni aziendali e sedute di degustazione guidate con acquirenti selezionati che alla ricerca di vini biologici da inserire nel proprio assortimento hanno raggiunto Verona da Stati Uniti, Giappone, Cina. Svizzera, Spagna, Germania, Danimarca, Israele e dalla new entry India.
“La domanda del consumatore per prodotti che coniughino la qualità organolettica, la grande tradizione vitivinicola italiana, una coltivazione “pulita” e un’attenzione maniacale alla qualità nella trasformazione delle uve, evitando la chimica di sintesi, è un fenomeno globale. Ma c’è anche un’altra considerazione che si sta facendo strada con forza tra le aziende più attente: chi produce grandi vini intimamente legati al territorio, a questo territorio deve il massimo rispetto, deve salvaguardarne le caratteristiche ambientali che ne costituiscono la ricchezza e l’unicità. Per farlo, alla scelta della produzione biologica non ci sono alternative”, conclude Mammuccini.