“Il settore della raccolta e recupero degli abiti usati ha vissuto una forte crescita, passando dalle iniziali attività di beneficenza alla costituzione di una filiera industriale organizzata del riuso e riciclo (dalle 72.000 tonnellate del 2009 alle 110.000 attuali). Trentino Alto Adige, Toscana e Basilicata le Regioni più virtuose. In forte crescita il dato anche nel Sud Italia. Lo sviluppo del settore richiede oggi tuttavia regole chiare e trasparenti per tracciare i flussi di materiali raccolti, garantendo concorrenza sul mercato e limitando le attività illegali”.
Sono gli highlights del convegno promosso oggi a Roma dal CONAU – il Consorzio Nazionale Abiti e Accessori Usati – in collaborazione con ANCI e FISE UNIRE, dal titolo “Vestiti usati: dalla beneficenza al riuso e riciclo”.
Il settore ha ancora notevoli possibilità di sviluppo sia al Sud che al Nord e potrà avvicinarsi agli standard medi degli altri Paesi europei (6 kg per abitante, contro i circa 2 italiani) e vedere crescere i quantitativi raccolti in modo differenziato e riusati o riciclati, a condizione di rendere tracciabili tutti i flussi che vengono gestiti dal sistema nel suo complesso e di disciplinare con regole chiare e trasparenti le attività di riciclo, preparazione per il riutilizzo e riuso. In questo modo si eviteranno “falle” che possono alimentare attività illegali, come testimoniato da alcune vicende di cronaca degli ultimi mesi.
Sempre più spesso, infatti, si registrano attività di raccolta “border-line” che, a volte anche violando disposizioni normative, si basano su circuiti paralleli a quelli regolari e autorizzati per la gestione dei rifiuti tessili.
L’indagine promossa dal CONAU sulle singole province italiane, illustrata nel corso del Convegno, ha registrato il proliferare di cassonetti e contenitori, posizionati in aree private aperte al pubblico, e a volte anche su strada, soprattutto nei piccoli comuni, in quelli ad alta densità abitativa o in quelli vicini a centri di raccolta non autorizzati (Veneto e Friuli Venezia Giulia). In alcuni casi, la raccolta viene pubblicizzata tramite l’apposizione sui contenitori di etichette che richiamano finalità di natura umanitaria configurando il conferimento come una “donazione”. Secondo l’analisi, tali contenitori sono stimati intorno alle 4.000 unità, alle quali si aggiungono le raccolte “porta a porta”, per un totale di 25.000 tonnellate annue raccolte (che corrispondono a circa il 25% del circuito ufficiale).
I rischi provenienti da questa situazione, che comporta una forte disparità sul territorio nazionale, sono molteplici: dal punto di vista ambientale, non si assicura il rispetto delle previsioni normative riguardanti le fasi della raccolta e della successiva gestione finalizzate alla tutela dell’ambiente, conseguentemente viene a mancare la tracciabilità e quindi la certezza circa la reale destinazione dei materiali raccolti; sul versante economico, il Comune e l’azienda incaricata del servizio di raccolta dei rifiuti tessili subiscono la sottrazione di una porzione del flusso dei rifiuti e dei relativi proventi derivanti dalla valorizzazione degli stessi in termini economici; da ultimo, i soggetti che organizzano queste raccolte sopportano costi inferiori a quelli degli operatori per così dire “ufficiali”, agendo pertanto in concorrenza sleale rispetto a questi ultimi.
“E’ necessario”, dichiara il Presidente del CONAU Edoardo Amerini, “che si proceda in tempi rapidi alla definizione del decreto previsto dal Testo Unico Ambientale, per fornire un riferimento univoco e preciso su tutto il territorio nazionale per la disciplina delle attività di recupero e riuso degli abiti usati, con l’individuazione dei requisiti degli operatori e delle reti accreditate per la gestione degli stessi”.
“La Filiera del recupero della frazione tessile”, dichiara il Delegato ANCI per l’Energia e i Rifiuti l’Avv. Filippo Bernocchi, “può rappresentare per le Amministrazioni un’occasione di sviluppo e crescita sia in termini di raccolta e riciclo sia in termini ambientali e sociali.
Iniziative come quella di oggi – prosegue Bernocchi – sono necessarie per sensibilizzare gli addetti ai lavori in modo da favorire maggiore trasparenza e uniformità nella gestione dei rifiuti tessili, che vanno adeguatamente supportate dal punto di vista normativo, nonché per cogliere le opportunità anche economiche per le amministrazioni, che il settore può offrire, attraverso una corretta gestione”.
Nel 2013 (ultimi dati ISPRA disponibili) sono state raccolte complessivamente 110.900 tonnellate di frazione tessile (+10% rispetto al 2012); tale risultato è frutto di una crescita costante in questi ultimi anni su tutto il territorio nazionale, in cui si è passati dalle circa 72.000 tonnellate del 2009 al dato attuale. Mediamente ogni italiano conferisce nei cassonetti gialli una quantità annua di abiti usati pari a 1,8 kg, con il Nord che si attesta sui 2 kg/ab., il Centro sui 2,4 kg/ab. ed il Sud su 1,3 kg/ab. Tuttavia, a prescindere dall’area geografica di appartenenza, ci sono Regioni che registrano dati di raccolta molto positivi; è il caso del Trentino-Alto Adige, dove è pari al doppio della media nazionale, o della Toscana e della Basilicata dove supera abbondantemente i 2 kg e mezzo ad abitante.