È stato l’intervento introduttivo di Simonpaolo Buongiardino, presidente di Federmotorizzazione, ad aprire i lavori di “Mobilita”, l’incontro organizzato dalla federazione nazionale aderente a Confcommercio Mobilità, con l’obiettivo, non semplice, “di fare il punto sulla transizione ecologica avviata, ma che viaggia a velocità differenti a livello nazionale, continentale e globale”. “E il nome scelto, Mobilita, con le ultime tre lettere in tricolore e senza l’accento sulla “a”, unisce idealmente mobilità e Italia, visto che proprio dal nostro Paese è partita la forte pressione che ha recentemente portato la Commissione Europea a rivedere le sue posizioni in materia di transizione, riconoscendo il principio di neutralità tecnologica, che non può coinvolgere le sole auto elettriche”, ha sottolineato Pierluigi Bonora, giornalista e promotore di #FORUMAutoMotive, moderatore dell’incontro.
La scelta del Belvedere come sede dei lavori, al 39° piano di Palazzo Lombardia riservato alla presidenza e chiuso al pubblico, testimonia l’attenzione della Regione a quello che è un tema spinoso, che può portare effetti devastanti a livello locale e nazionale, come ha sottolineato il presidente Attilio Fontana. “La sostenibilità – le sue parole – è una delle nostre priorità, il Piano Regionale di Sviluppo tiene infatti conto anche di questo elemento. Dobbiamo però fare i conti con i fondamentalismi: tutti sono pericolosi, e in Europa, purtroppo, ce ne sono molti. Non è accettabile distruggere comparti storici per seguire le ideologie, per questo motivo si devono tenere aperte molte porte, non possiamo permetterci che la follia porti a un’unica soluzione. Dobbiamo lottare con determinazione, cercare di difendere i nostri posti di lavoro e le nostre peculiarità, perché l’ideologia non deve prevalere sulla logica”.
Nella stessa direzione, ma su scala non limitata al territorio lombardo, è la posizione di Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, intervenuto a Mobilita in collegamento telefonico. “Non possiamo permetterci – ha evidenziato – di avere un Paese green, con milioni di disoccupati. I tedeschi hanno lottato per vedere riconosciuti gli e-fuels, noi combattiamo per i biocarburanti, perché il tutto elettrico non significa transizione, ma mettersi nelle mani della Cina. Senza dimenticare che con i no secchi non si va da nessuna parte, e che gli industriali e il mercato non possono essere ostaggi delle ideologie; un riequilibrio delle scelte è il minimo che possiamo chiedere all’Europa”.
Per il padrone di casa, il presidente di Federmotorizzazione, Simonpaolo Buongiardino, i segnali che cominciano ad arrivare confermano che le perplessità espresse in tempi non sospetti, quando nessun altro parlava di neutralità tecnologica, erano più che fondate. “I dati relativi ai primi quattro mesi del 2023 ci dicono sostanzialmente tre cose: le immatricolazioni crescono del 25 per cento, recuperano le perdite del 2022, ma sono lontane dai valori pre-Covid, l’elettrico potrebbe raggiungere le 60.000 vendite su un mercato di 1,5 milioni di veicoli; il valore dell’usato è sensibilmente cresciuto rispetto a un anno fa. Secondo il nostro punto di vista, tutto questo deriva dal fatto che le vendite sono scoraggiate da prezzi che superano di circa il 40 per cento quelli delle auto a benzina, in una situazione di reddito pro-capite bassa, unica in Europa a scendere tra il 1990 e il 2020. I sostenitori dell’elettrico subito – ha aggiunto Buongiardino – non tengono conto che in 12 anni la tecnologia è destinata a una forte evoluzione e su questa strada il rischio è quello di creare un disastro: stiamo facendo tutto questo in Europa, che produce l’8 per cento della CO2 mondiale, mentre la Cina che ne genera oltre il 60 per cento sta realizzando nuove centrali a carbone. Lo stesso ex ministro Cingolani ha ammesso che si è sbagliato tutto, prima bisognava pensare a produrre energia con fonti rinnovabili”.
Nella duplice veste di assessore allo Sviluppo economico della Regione Lombardia e di vicepresidente dell’Alleanza tra Regioni, Guido Guidesi, riconosce che qualcosa è cambiato rispetto a due anni fa, quando l’unico tema considerato era quello di arrivare velocemente a elettrico, senza confronto. “Abbiamo costruito un manifesto di proposta, non contro l’elettrico, ma per raggiungere la piena neutralità tecnologica, con ogni mezzo. L’abbiamo presentato a Bruxelles e chiesto al Governo di sostenerlo, partendo dalla convinzione che in altri settori si valutano tutte le soluzioni possibili per raggiungere un obiettivo, mentre in questo caso no. In fondo, si chiede solo di considerare ricerche e studi sui biocarburanti, tenendo conto di tutto il ciclo produttivo, compreso lo smaltimento delle batterie. C’è poi il tema sociale: la neutralità piena ci consentirebbe di salvare aziende, mentre un’unica scelta ne farebbe chiudere 50.000. Altrimenti l’Europa decide che non tutti i cittadini si possono permettere un’auto”.
“L’ideologia vincola, chi usa il pragmatismo fa altri ragionamenti – l’opinione di Luca Squeri, segretario della X Commissione attività produttive della Camera dei Deputati -. Ci troviamo in una situazione in cui l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili rappresenta il 40 per cento, ma si cerca di occupare il restante 60 per cento, a favore dell’elettrificazione totale. Perdendo di vista l’obiettivo che non è questo, ma la decarbonizzazione. Perché, non bisogna dimenticarlo, un quarto del parco circolante è composto da veicoli che non vanno oltre la normativa Euro 3. Per questo motivo sono allo studio nuovi incentivi, non solo per l’elettrico”.
Franco Del Manso, che cura i rapporti internazionali ambientali e tecnici di UNEM, ha voluto indicare come “ci sia una profonda contraddizione da parte della Commissione UE, che da una parte chiede di incrementare la produzione di biocarburanti liquidi e gassosi al 2030, salvo poi metterli al bando nel 2035. Non si tiene conto della realtà, e del fatto che i cinesi sono padroni delle tecnologie e delle materie prime per produrre le elettriche”.
Pier Luigi Del Viscovo, direttore del Centro Studi Fleet&Mobility, nota come “la Cina abbia contribuito ad alzare la temperatura del Pianeta, ma ha tolto 750 milioni di abitanti da povertà”, mentre Andrea Cardinali, direttore generale di UNRAE, ha una posizione critica nei confronti dell’atteggiamento italiano, che ormai non ha più un peso importante a livello produttivo. “In Italia si vendono poche auto elettriche, ma è improbabile un’inversione della rotta, perché ormai nessuna Casa automobilistica fa scelte basate su ciò che richiede il nostro mercato”.
Gianluca Pellegrini, direttore di “Quattroruote”, sostiene da tempo che la transizione sia stata studiata male dall’inizio. “Qualche costruttore ha fatto scelte troppo anticipate sull’orientamento del mercato e attualmentevediamo che è in atto una spaccatura tra le grandi Case tedesche, che stanno perdendo molto con l’elettrico sul mercato cinese. Molte scelte sono state probabilmente determinate dall’illusione di conquistare la Cina con l’elettrico, ma la delusione è stata grande: hanno il 95 per cento del mercato interno e sono pronti a occupare quei segmenti che sono stati abbandonati dagli europei”.
Il recentissimo studio sulla percezione dell’utente finale, a cura di Format Research, presentato dal presidente Pierluigi Ascani, ha chiuso i lavori, con percentuali che confermano come in Italia il limitato interesse per l’elettrico dipenda da fattori economici e culturali. “L’età media delle auto è attualmente di 9,5 anni e il 57,4 per cento degli intervistati non intende cambiare auto nei prossimi due anni (il 12 per cento sì). Solo il 13,8 per cento comprerebbe un’auto elettrica, ma il 34,4 per cento non se la può permettere. Da questa situazione emerge che il 79,7 per cento degli intervistati sceglie di tenere l’auto attuale, ma anche che chi potrebbe essere interessato a passare all’elettrico ritiene che il prezzo giusto non possa superare i 26.000 euro”.