Il Parco dello Stelvio, che nell’arco alpino costituisce la più grande area protetta con lo status di parco nazionale, potrebbe non esistere più già nelle prossime settimane, denuncia Legambiente, se il Consiglio dei Ministri dovesse avallare l’intesa sottoscritta dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione Lombardia e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, per modificarne radicalmente la governance e le tutele. Così una delle storiche esperienze di conservazione della natura chiuderà i battenti a ridosso del suo ottantesimo compleanno (il parco fu infatti istituito nel lontano 1935), lasciando il posto ad un patchwork di parchi provinciali con un livello di protezione molto inferiore, venendo estromesso di fatto dal novero dei parchi nazionali.
“Sarebbe il primo caso in Europa di declassamento, ci auguriamo quindi che il Presidente Renzi e il ministro dell’Ambiente Galletti vogliano evitare in extremis di danneggiare anche a livello internazionale tutto il nostro sistema di aree protette”, ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente.
L’intesa Stato-Regione Lombardia-Province Autonome, prosegue il comunicato dell’associazione ambientalista, prende spunto dal fallimento, incontestabile, della governance assicurata dal Consorzio Parco Nazionale dello Stelvio, l’ente che ne ha assicurato la gestione nell’ultimo ventennio rilevandola da quella della ex-azienda di Stato delle Foreste Demaniali. Secondo Legambiente l’insuccesso del Consorzio è dovuto ai mille ostacoli incontrati, alla scarsa collaborazione da parte di Regione e Province, agli enormi problemi ancora irrisolti di regolarizzazione del personale, ad una presenza eccessivamente burocratica del Ministero dell’Ambiente. Ma anziché risolvere questi problemi, il testo dell’intesa (nonostante il potere di veto e il parere obbligatorio e vincolante sul piano del parco e del regolamento) scioglie, con un vero colpo di mano, l’unitarietà del parco che tutela le vette e i versanti del massiccio montuoso Ortles-Cevedale, separandolo lungo le linee di confine tra le tre entità amministrative.
“Anziché innovare e semplificare il sistema di gestione dell’area protetta – ha continuato Cogliati Dezza – si preferisce scinderla in tre unità separate che potranno decidere ciascuna, in regime di totale autonomia e in nome di un malinteso e irresponsabile decentramento, di allentare vincoli o addirittura di stralciare porzioni di territorio. E’ difficile comprendere come il Ministero dell’Ambiente possa aver siglato un’intesa con la quale lo Stato, oltre a dismettere il finanziamento dell’ente, rinuncia ad esercitare qualsiasi funzione di controllo nei confronti di un parco nazionale di questa importanza e notorietà”.
L’accordo sottoscritto, infatti, prevede che al posto dell’ente unitario di gestione si insedi un non meglio precisato ‘comitato di coordinamento’, privo di qualsiasi personalità giuridica e con un ruolo di pura ‘moral suasion’ nei confronti di Regione e Province Autonome, che potranno autonomamente deliberare qualsiasi modifica sia al piano del parco che al perimetro dell’area protetta. Ogni Provincia e Regione istituirà invece un proprio ente autonomo per la gestione del territorio ricadente nella propria giurisdizione amministrativa. E, visto che i precedenti non mancano, è molto probabile che lo spezzatino amministrativo non sarà in grado di impedire l’amputazione indisturbata di parti significative di territorio protetto che lascino il posto a resort sciistici o impianti di sfruttamento idroelettrico.
“Il nuovo schema di governo non avrà più nemmeno lontanamente i requisiti per essere considerato parco nazionale, e con questo le Alpi perderanno la loro più grande area protetta. Ci appelliamo al Governo affinché non avalli una simile decisione – ha dichiarato Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia -, altrimenti sarà inevitabile ricorrere alle istituzioni internazionali per evitare il primato europeo di declassamento di un parco nazionale”.