Roma. Malagrotta. Monnezzopoli: un paradigma tra classe politica, imprese e semplici cittadini.
La gestione dei rifiuti è sempre stato il regno dei soldi facili, ma l’inquinamento e le malattie hanno portato a galla questo sistema criminale, incancrenito ormai nella Capitale, ma anche nell’intero Paese Di questo parla La grande monnezza, il film di Chiara Bellini in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, oggi la proiezione, sezione “Kino Panorama Italia” di Alice nella Città.
Cassonetti sempre pieni, gabbiani e “riutilizzatori di rifiuti” che riversano nelle strade il contenuto di sacchetti nemmeno ben differenziati, topi che fanno la spola dai cassonetti alle fogne e quel costante, nauseante puzzo di marcio che invade le strade delle periferie e del centro, indistintamente: questo è il panorama che i turisti affrontano arrivando in una delle mete più golose degli amanti dell’archeologia e dell’arte.
Il turismo, che insieme alla gastronomia sono sempre state le cifre distintive del nostro Bel Paese, sono a rischio di fallimento perché la nostra classe dirigente non è ancora riuscita a trovare la quadratura del cerchio per una gestione sensata dei rifiuti e l’abbattimento di vecchie, ormai criminali, lobby.
A Roma, i rifiuti sono sempre stati ritirati dai cassonetti da un’azienda municipale, l’A.M.A., e poi trasferiti e trattati negli impianti di Colari, consorzio di aziende a capitale prevalentemente privato, di cui il “supremo” ideatore è sempre stato Manlio Cerroni, classe 1926, da sempre nel campo dei rifiuti, da sempre deus ex machina della situazione “monnezza” nella Capitale, ma anche di molti impianti sparsi per tutta Italia.
Ma mentre gran parte dell’opinione pubblica attribuisce a Cerroni le colpe della costante mala gestione, dell’inquinamento che da sessant’anni ammorba la Valle Galeria, e di conseguenza dei problemi sanitari gravissimi che sono ricaduti sulla cittadinanza di questa parte di Roma, grazie a questo sistema si sono arricchiti in tanti e, sostiene la pellicola, la politica locale e nazionale ha volutamente chiuso gli occhi o addirittura avvalorato tutta questa macchina.
Gli unici ad avere una visione lucida e precisa su tutta la situazione di Malagrotta sono sempre stati gli abitanti della Valle Galeria, coordinati in associazioni e comitati, dalla provenienza politica più variabile, con l’unico intento comune di iqualificare quell’area martoriata e permettere a tutti i suoi abitanti una vita più sana e dignitosa.
Accanto a loro un’associazione di eco-giuristi a consigliarli e guidarli nelle operazioni più spinose e complesse.
Cerroni sta subendo più di un processo, l’ultimo per disastro ambientale. La discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, 240 ettari di spazzatura, è chiusa dal 30 settembre 2013, o meglio, è stato interrotto il conferimento, ma il trattamento meccanico biologico avviene sempre dentro i cancelli degli impianti di Cerroni, con un trasferimento medio giornaliero di 5 tonnellate al giorno, in mezzo a polemiche, ordinanze e malumori.
Sul gassificatore, sempre di Colari, mai entrato in funzione perché non ha mai superato i test di collaudo, sembra essere stata definita la chiusura, anche con provvedimento della Regione Lazio, ma il governo potrebbe ribaltare la situazione da un momento all’altro appellandosi alla costante emergenza per i rifiuti… emergenza costante, un ossimoro reale.
E mentre a Roma si è insediata la nuova giunta comunale, come nella migliore tradizione, invece di risolvere i problemi che la affliggono ormai da decenni, i diversi schieramenti sono impegnati nel gettare fango sui nuovi arrivati e questi ultimi nel difendersi dagli attacchi.
La produzione dei rifiuti non si arresta, non diminuisce e non si fa informazione perché questo avvenga.
Solo i cittadini della Valle Galeria vanno per le scuole ad insegnare la teoria dei rifiuti-zero ed organizzano conferenze sul tema, cercando di sensibilizzare dal basso.
I quartieri intorno a Malagrotta sono ancora terra di confine, ignoti ai più, avvolti dalla puzza e dai crumiri che sperano di poterci impiantare qualche nuovo impianto, un far west dove ogni giorno qualcuno propone una soluzione delirante tra un nuovo invaso e un cementificio che bruci anche rifiuti, una bolla sospesa dove il tempo passa e tutto rimane immobile.
La regista Chiara Bellini è nata in Toscana e a Roma dai primi anni ’90 e ha lavorato per diverse società di produzione come autrice e sceneggiatrice, ma anche in ruoli più tecnici come l’aiuto regista e la segretaria di edizione.
Dal 2004 è impegnata nella direzione della propria società di produzione audiovisiva, co-producendo con Francesco Scura tutti i lavori di Morgana Production (documentari di creazione, web-film, animazioni, cortometraggi e altri lavori per il settore non-profit).
È autrice di diversi lavori, in qualità di regista, sceneggiatrice e montatrice, oltre alla supervisione di laboratori formativi in ambito audiovisivo e web.
È co-fondatrice e coordinatrice di Ecosin, redazione web non-profit con focus sui temi dell’etica socio-ambientale e dell’informazione aperta e condivisa.
Da sempre impegnata nell’attivismo ambientale è stata tra i fondatori del C.N.S.C. – Coordinamento Nazionale dei Siti Contaminati, socia di F.I.M.A. – Federazione Italiana dei Media Ambientali ed associata a Doc/it – Associazione dei Documentaristi Italiani.