Si torna a parlare di Sblocca Italia, dopo il passaggio in Conferenza Stato Regioni dello schema di decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministero dell’Ambiente, recante norme per “individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale”.
Le Regioni, chiamate ad esprimersi, sono infatti risultate divise. 15 a favore dello schema, che prevede la costruzione di nove inceneritori e 5 contro.
La Conferenza ha quindi espresso a maggioranza parere favorevole, condizionato all’accoglimento di emendamenti e osservazioni, con il parere negativo delle Regioni Lombardia, Marche, Umbria, Abruzzo e Molise.
Le Regioni, si legge nel parere, ribadiscono la necessità di aprire urgentemente un tavolo di confronto con il Governo in merito alla globalità delle tematiche sui rifiuti, fermi restando gli impegni già assunti sull’apertura della cabina di regia nella seduta della Conferenza Stato Regioni del 17 dicembre 2015.
Come spiega Fulvio Bonavitacola, Vicepresidente della Commissione infrastrutture per la conferenza delle Regioni, sono essenzialmente due i temi sollevati dalle Regioni. Rispetto ai termovalorizzatori “l’accoglimento degli emendamenti “è condizione al parere favorevole”, laddove si “prevede che la ricognizione effettutata dal governo sui nuovi impianti abbia carattere ricognitorio, che sia soltanto una fotografia della situazione secondo il fabbisogno all’attualità, ma che le decisioni sulla realizzazione degli impianti e la pianificazione spettino alle Regioni attraverso i rispettivi piani di gestione” il tutto “in considerazione del trend di crescita della raccolta differenziata”.
Le considerazioni di carattere generale che accompagnano le proposte emendative
1. Ai sensi della Direttiva 2001/42/CE articolo 3 i piani e programmi che sono elaborati per il settore della gestione dei rifiuti sono soggetti ad una valutazione ambientale: nel penultimo punto dei “considerata” lo schema in oggetto prevede di effettuare una procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica di cui all’art. 12 del D. Lgs. 152/06: a tal proposito le Regioni chiedono di essere coinvolte in tale procedura, anche per il tramite della cabina di regia sopra richiamata.
2. Occorre individuare uno scenario per gestire il periodo transitorio in attesa dell’azzeramento del fabbisogno residuo, al fine di individuare obiettivi ed azioni intermedie per arrivare a regime.
3. Si chiede di disciplinare i principi regolatori per il trasferimento dei vari flussi dei rifiuti in ambito interregionale al momento assenti: in proposito occorre infatti sottolineare un progressivo svuotamento del potere programmatorio e regolamentare delle regioni, anche in relazione al progressivo passaggio da impianti di smaltimento di rifiuti tramite combustione a veri e propri impianti di recupero energetico. Dalla lettura congiunta dell’art. 182 comma 3, dell’art. 199 del D. Lgs. 152/2006 nonché dell’art 35 del D.L. 133/14 così come convertito dalla L 164/2014, questi impianti risultano infatti non vincolati al trattamento dei rifiuti prodotti nel territorio (ATO, regione, macroarea) presso il quale hanno sede qualora si tratti di rifiuti speciali, fosse pure derivanti dai rifiuti urbani.
Questa lettura è confermata dalla sentenza del 16/7/2015 della Corte di Giustizia Europea in merito alla causa C-653/13 che riguarda la Regione Campania che al punto 44 sentenzia: Orbene, come già sottolineato dalla Corte, qualora uno Stato membro abbia individualmente scelto, nell’ambito del suo o dei suoi «piani di gestione dei rifiuti», ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2006/12, di organizzare la copertura del suo territorio su base regionale, occorre dedurne che ogni regione dotata di un piano regionale dovrà garantire, in linea di principio, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti. Infatti, il principio di correzione, prioritariamente alla fonte, dei danni causati all’ambiente – principio stabilito per l’azione dell’Unione in materia ambientale all’articolo 191 TFUE – implica che spetta a ciascuna regione,
comune o altro ente locale adottare le misure appropriate per garantire il ricevimento, il trattamento e lo smaltimento dei propri rifiuti e che questi ultimi vanno quindi smaltiti il più vicino possibile al luogo in cui vengono prodotti, per limitarne al massimo il trasporto (sentenza Commissione/Italia, C-297/08, EU:C:2010:115, punto 67).
In più la sentenza, chiarendo che l’autosufficienza regionale riguarda sia lo smaltimento che il trattamento dei rifiuti prodotti, comporta che la disciplina della proposta di DPCM non può che riferirsi ai rifiuti urbani intesi quali tutti i rifiuti urbani e decadenti dagli urbani. In tal senso sono infatti state sviluppate dal DPCM le valutazioni sui quantitativi di rifiuti prodotti.
Ciò implicherebbe che ai rifiuti urbani, come sopra definiti, siano da applicarsi le previsioni di gestione delle priorità di accesso agli inceneritori (art. 35, comma 6, L. 164/2014) ed il contributo previsto per recupero energetico extraregionale (art. 35, comma 7, L. 164/2014).
Le reazioni
Regione Umbria – La contrarietà della Regione Umbria, è motivata dal fatto che il piano predisposto dal Governo non tiene conto del Piano regionale umbro per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti che prevede una precisa scelta in direzione della raccolta differenziata al 68,6 per cento ed il collocamento sul mercato di Combustibile solido secondario (CSS) per 58 mila tonnellate all’anno, portando così il fabbisogno di trattamento termico a 72 mila tonnellate all’anno. Fattori questi che rendono oltretutto economicamente non sostenibile la realizzazione di Umbria di un impianto di termovalorizzazione.
Regione Liguria – “Noi abbiamo votato a favore” del dpcm sugli inceneritori, ma “la Liguria ha un bacino di popolazione talmente piccolo che non regge da sola un inceneritore”, circostanza che “lo rende anche antieconomico”. Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria e vicepresidente della Conferenza delle Regioni, lo dice al termine della riunione di quest’ultima. “Si tratta di creare un sistema di smaltimento efficiente ed efficace e lo stiamo facendo- spiega Toti- i residui possono essere portati a un inceneritore”, ma per le ragioni sopra esposte la Liguria “necessariamente si deve appoggiare altrove” visto che “sarebbe inutile costruirne un altro” mentre “il centro-nord Italia ha una capacita’ di combustione di rifiuti sovradimensionata”.
Il commento della Campania – Le Regioni vogliono decidere dove e come realizzare gli inceneritori, perche’ “un conto e’ prendere atto
che oggi c’e’ una sottoutilizzazione degli impianti esistenti, per via della crisi economica, dell’incremento della differenziata e del mutamento delle abitudini” che portano a una minor produzione di rifiuti, ma “tutt’altro capitolo e’ la pianificazione dei nuovi impianti, sui quali rivendichiamo che siano le Regioni a decidere perche’ sono loro che fanno la pianificazione della differenziata e sanno qual e’ il fabbisogno nazionale anche in uno scenario di medio-lungo periodo”. Cosi’ Fulvio Bonavitacola, assessore all’Ambiente della Regione Campania e coordinatore della commissione Trasporti delle Regioni.
Lombardia – Proporremo al ministro dell’Ambiente Galletti che i rifiuti aggiuntivi non possono andare in Regioni che hanno problemi di polveri sottili; ci sono anche le infrazioni sulle polveri sottili, quindi le due cose non possono andare insieme”. Così l’assessore regionale al Bilancio e coordinatore degli assessori al Bilancio in Conferenza delle Regioni, Massimo Garavaglia, al termine della seduta della Conferenza. Il parere al dl sugli inceneritori “per noi è negativo”. “Noi stiamo smantellando gli inceneritori e quindi per noi il dl così non ha senso”, ha concluso l’assessore.