Il successo commerciale del vino nei prossimi 5 anni sarà determinato in buona parte dai prodotti a marchio green (bio o sostenibili), vera leva del mercato di domani secondo un sondaggio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor presso i manager di 12 tra i principali gruppi vitivinicoli del Paese (circa 2 miliardi di euro il fatturato complessivo), chiamati a dare un’opinione sui trend a breve termine (5 anni) del mercato del vino nei 6 mercati top di Usa, Regno Unito, Cina, Germania, Giappone e Russia.
Secondo gli intervistati, saranno soprattutto i prodotti biologici e quelli premium gli artefici del successo del vino mondiale. Con la tendenza-green predominante nei mercati storici (Germania, Usa, Regno Unito e Giappone), e la fascia premium (oltre i 20 dollari a bottiglia) che contagerà ulteriormente gli Usa e gli emergenti Russia e Cina.
Autoctoni, rossi fermi e sparkling – Buon sentiment anche sugli autoctoni, indicati trend del futuro specialmente in Giappone e in seconda battuta in Russia e Stati Uniti, mentre – a sorpresa – è previsto un ritorno di fiamma per i rossi fermi, la seconda tipologia più promettente dietro agli immancabili sparkling.
Come se la cava l’Italia – Per i top player – (GIV Gruppo italiano vini, Gruppo Caviro, Zonin 1821, Marchesi Antinori, Gruppo Mezzacorona, Gruppo Santa Margherita, Cantina di Soave, Gruppo Cevico, Marchesi Frescobaldi, Mondodelvino Group, Gruppo Lunelli, Bertani Domains – se la caverà piuttosto bene e riuscirà ad accrescere le proprie quote di mercato specialmente in Russia e nei due principali buyer dell’Estremo Oriente, con una buona ripresa delle vendite pure nella vecchia Germania.
Timide le aspettative su un incremento delle quote di mercato italiane negli Stati Uniti (sebbene siano indicati in crescita anche nel prossimo lustro), dove ad approfittarne saranno invece i produttori francesi oltre a quelli di casa; mentre in Cina, dopo l’Australia che crescerà più di tutti, anche il Cile e l’Italia approfitteranno del rallentamento dello storico market leader, la Francia. In Gran Bretagna saranno ancora i francesi a comandare, mentre i vini del Belpaese si faranno largo assieme a quelli neozelandesi, che sfrutteranno l’effetto della Brexit.
Prodotti di origine locale e made in Italy – In un vigneto sempre più globale questi saranno tra i primi ad approfittare un po’ ovunque della febbre da vino, prendendo sempre più piede specie tra i consumatori tedeschi e statunitensi. Per il vino made in Italy, previsto un segno meno a valore nel Regno Unito, dei passi avanti negli Usa, in Germania e nel Paese del Sol levante, mentre sarà deciso l’aumento a Mosca e Pechino.
Prosecco – Infine, secondo il sondaggio Vinitaly-Nomisma Wine monitor realizzato pochi giorni fa nell’ambito dello studio “Il futuro dei mercati, i mercati del futuro”, la previsione sulle performance delle principali denominazioni italiane premia come il solito Prosecco indicato come il vino a maggiore prospettiva di mercato un po’ ovunque, eccetto in Cina. Con qualche eccezione: il Pinot grigio negli Usa, il Primitivo in Germania, l’Amarone in Cina.
Per il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: “Quello degli stakeholder è un punto di vista privilegiato, che conferma in gran parte le attese dell’export vinicolo illustrate di recente dalle nostre analisi di mercato. Queste ricognizioni sono per noi fondamentali per tracciare le coordinate della promozione da adottare in favore delle imprese e del settore”.
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “Serve puntare sempre più verso una crescita qualitativa dell’internazionalizzazione del vino made in Italy. Una crescita da pianificare assieme alle istituzioni che non può prescindere da un presidio quotidiano sui 5 continenti. Al prossimo Vinitaly (15-18 aprile) – ha concluso – abbiamo invitato direttamente oltre 1.000 buyer da 58 Paesi, grazie a una certosina attività di scouting e selezione sui mercati in collaborazione con Ice”.