Raggiunto accordo tra le 196 nazioni riunite a Lima per la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite.
L’intesa, che potrà considerarsi conclusiva solo al vertice di Parigi del prossimo anno, impegnerà ciascun Paese a ridurre la propria quota di emissioni di gas serra.
Nei prossimi sei mesi ogni Paese dovrà proporre un piano nazionale dettagliato per limitare le emissioni di gas serra generate dalla combustione di carbone, gas e petrolio.
Le fondamenta del nuovo accordo sono gli impegni nazionali, che i paesi devono annunciare entro la fine del prossimo marzo 2015. Insieme dovranno costituire il primo piano d’azione globale per raggiungere il 100% di rinnovabili entro il 2050, con impegni di riduzioni al 2020 aggiuntivi a quelli attuali per garantire il rispetto della soglia critica dei 2°C.
L’accordo di Lima è stato approvato con oltre un giorno di ritardo sulla prevista chiusura della Conferenza e dopo che una precedente bozza era stata respinta dai Paesi in via di sviluppo che accusavano le nazioni più ricche di sfuggire alle proprie responsabilità nel combattere il riscaldamento globale e sostenere i costi dell’impatto che ha sul Pianeta.
Per il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, “l’Europa ha svolto un ruolo importante parlando con una voce sola. L’intesa raggiunta stanotte a Lima rappresenta un importante passo avanti verso Parigi ed e’ un segnale forte che giunge dalla comunita’ internazionale. E’ stato tracciato un percorso convincente per giungere, fra un anno, a quell’intesa globale che non puo’ piu’ essere rinviata”.
Insoddisfatte le associazioni ambientaliste. “A Lima – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – purtroppo i governi sono stati incapaci di sciogliere i nodi relativi alla differenziazione degli impegni nazionali e al sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo, che continuano a bloccare i negoziati verso Parigi. Rimangono ancora ben saldi gli antichi steccati tra paesi industrializzati e in via di sviluppo che l’accordo USA-Cina ci aveva fatto sperare fosse possibile superare. E’ indispensabile che i governi si mettano al lavoro da subito per superare questi steccati e concordare i criteri per differenziare senza ambiguità e in una dimensione dinamica gli impegni dei singoli paesi – ricchi, emergenti e poveri – nel pieno rispetto dell’equità. Solo così sarà possibile mettere in campo un’azione globale comune, la sola in grado di mantenere il riscaldamento del pianeta sotto la soglia critica dei 2°C, oltre la quale si rischia il punto di non ritorno come non si stancano di ripetere gli scienziati dell’IPCC”.
Per il WWF si tratta di una decisione deludente e debole, un compromesso al minimo comun denominatore. Grave l’indebolimento del percorso per ridurre le emissioni prima del 2020, obiettivo essenziale per rimanere al di sotto dei 2°C di aumento medio della temperatura media globale, ponendo le basi per porre fine all’era dei combustibili fossili e accelerare il cambio verso le energie rinnovabili e una maggiore efficienza energetica.
“La scienza è stata chiara, ritardare l’azione fino al 2020 renderà molto difficile evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici, ma la politica è incapace di cogliere l’urgenza.La distanza tra allarme dei cittadini e capacità dei governi di rispondere sta diventando estremamente grave e pericolosa”, ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del WWF.