Polemiche a non finire riguardo all’applicazione della Direttiva UE n. 2015/720, la quale prevede che a partire dal 1 gennaio 2018, tutte le buste, anche i sacchetti leggeri e ultraleggeri (con spessore inferiore ai 15 micron), utilizzati nei negozi e nei reparti ortofrutta, gastronomia, macelleria, pescheria e panetteria, dovranno essere biodegradabili e compostabili, nel rispetto dello standard internazionale UNI EN 13432:2002, con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile del 40%.
“Abbiamo già denunciato – afferma Federconumatori in una nota – come sia certamente necessario impegnarsi a livello istituzionale per aumentare la consapevolezza dei cittadini consumatori relativamente agli impatti che i sacchetti di plastica hanno sull’ambiente, intervenendo per contrastare la problematica diffusa legata all’inquinamento da plastica monouso: tutto ciò, però, senza chiedere ai cittadini di sostenere ulteriori costi.
Si corre il rischio, infatti, di allontanare, come sta avvenendo, i cittadini dall’obiettivo primario, della sostenibilità ambientale, imponendo loro di sostenere un costo che, se calcolato nel suo complesso, potrebbe risultare gravoso per le famiglie italiane.
La preoccupazione maggiore non riguarda, però, i circa 2-3 centesimi applicati sui sacchetti di plastica per gli alimenti, che in ogni caso, anche prima, i cittadini pagavano spalmati sul prezzo dei prodotti, bensì la grave speculazione in atto soprattutto nelle farmacie. Molti cittadini ci segnalano, infatti, che tali esercizi stanno addebitando costi spropositati per i nuovi sacchetti di plastica: dai 10 ai 60 centesimi a sacchetto. Un importo decisamente sproporzionato.
Per una famiglia che, mediamente, si reca ad acquistare medicinali o dispositivi medici presso una farmacia una volta ogni settimana, l’aggravio sarebbe di 20,80 centesimi l’anno.
Invitiamo i cittadini a fare attenzione ai costi che vengono loro addebitati per tale voce e, nei negozi, portare sempre con sé sporte e sacchetti riutilizzabili, rinunciando così del tutto al sacchetto ed al relativo costo.”
Il vademecum bioshopper di Federconsumatori
A partire dal 1 gennaio scorso sono entrate in vigore le nuove regole per l’utilizzo dei sacchetti biodegradabili e compostabili negli esercizi commerciali per l’acquisto di frutta, verdura e di tutti i prodotti serviti al banco (ad es. carne, pesce e gastronomia). Milioni di consumatori hanno espresso, soprattutto sui social network, indignazione e disapprovazione nei confronti di quella che viene identificata come una sorta di tassa sulla spesa alimentare. Inoltre nel giro di pochi giorni abbiamo assistito ad una proliferazione di notizie in merito e, accanto a numerose informazioni veritiere, ne sono state diffuse molte altre errate, incomplete o del tutto false.
Anche sulla base delle centinaia di segnalazioni pervenute alle nostre sedi, riteniamo quindi utile e opportuno fare chiarezza sui principali aspetti della legge:
1. La normativa viene inclusa nel quadro dell’applicazione a livello nazionale della Direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento e del Consiglio UE, che prevede misure per ridurre l’utilizzo delle borse di plastica in materiale leggero. Negli anni scorsi la Direttiva comunitaria è stata applicata alle borse di plastica per l’asporto delle merci, imponendo la commercializzazione di buste biodegradabili e compostabili, e ora è stata estesa anche ai sacchetti leggeri e ultraleggeri (spessore inferiore ai 15 micron) utilizzati per gli alimenti da pesare e prezzare negli esercizi commerciali e per la vendita dei prodotti sfusi. La normativa europea è finalizzata a diminuire significativamente l’inquinamento da plastica monouso (solo in Europa si stima un consumo annuo di 100 miliardi di sacchetti e molti di questi finiscono in mare e sulle coste) e ad incrementare la consapevolezza dei cittadini in merito alle conseguenze ambientali di una così vasta diffusione delle materie plastiche;
2. Sui social network sono state diffuse numerose immagini di prodotti ortofrutticoli etichettati singolarmente da consumatori intenzionati ad aggirare la norma. Si tratta, tuttavia, di un espediente che non solo va contro la legge (poiché sussiste l’obbligo di utilizzare i sacchetti biodegradabili e compostabili per l’acquisto di prodotti sfusi) ma che rischia di essere controproducente anche dal punto di vista economico. Teniamo presente che alcuni esercizi commerciali applicano il prezzo dei sacchetti direttamente al momento dell’elaborazione dello scontrino alla cassa ma altri punti vendita prevedono che tale costo venga calcolato al momento della pesatura del prodotto: se, quindi, il cliente pesa ed etichetta singolarmente tre arance, rischia paradossalmente di pagare il sacchetto non una ma tre volte.
3. La norma impone il divieto di distribuire i sacchetti gratuitamente ma non fissa alcun limite di prezzo, poiché il costo di un prodotto non può essere fissato dalla legge. Sussiste inoltre l’obbligo per l’esercente di indicare il prezzo di vendita del singolo sacchetto sullo scontrino o fattura di acquisto. Dalle segnalazioni pervenute in questi giorni risulta che i punti vendita della grande distribuzione stanno applicando prezzi medi di 0,1 – 0,2 centesimi di euro per ciascun sacchetto. Il divieto di distribuzione gratuita è finalizzato principalmente a sensibilizzare l’opinione pubblica sui costi economici della plastica. Il costo dei sacchetti usati fino a questo momento è stato “spalmato” sul prezzo finale e la decisione di renderlo esplicito e palese è appunto legata all’intenzione di evidenziare agli occhi dei cittadini il fatto che la plastica sia un costo.
4. Su numerosi siti web è stata segnalata la possibilità di riutilizzare questi sacchetti per la raccolta dell’umido ma si tratta di un’indicazione non del tutto corretta o comunque incompleta: è vero che i sacchetti sono biodegradabili e compostabili ma si presenta il problema dell’etichetta che al momento della pesatura viene apposta sulla busta stessa. L’etichetta è realizzata con un materiale non riciclabile, quindi il sacchetto può essere riutilizzato per la raccolta dell’umido solo nel caso in cui si riesca a rimuoverla.
5. Per motivi igienici e di contaminazione, la legge vieta il riutilizzo dei sacchetti per lo stesso fine per il quale sono stati prodotti e commercializzati, quindi per contenere alimenti sfusi con cui vengono a contatto diretto. Non è pertanto possibile introdurre nei negozi i sacchetti leggeri e ultraleggeri biodegradabili e compostabili dall’esterno ed utilizzarli per l’acquisto di prodotti sfusi.
6. La norma riguarda non solo i prodotti da pesare e prezzare ma anche i piccoli imballaggi, in primis i sacchetti delle farmacie che fino a questo momento sono stati distribuiti gratuitamente. In questo caso, però, non vige alcun obbligo di utilizzo, quindi il consumatore può astenersi dall’acquisto del sacchetto.