Digital Energy Report: la gestione sostenibile dell’energia non sfrutta le tecnologie digitali

In Italia, su 353 progetti legati alla gestione sostenibile dell’e­nergia e messi in campo nelle prime 15 città smart (Milano, Bologna, Venezia, Firenze, Torino, Padova, Bergamo, Vicenza, Reggio Emilia, Trieste, Modena, Ravenna, Rimini, Trento e Genova), solo il 5% sfrutta appie­no le tecnologie digitali e nemmeno quelle di ultima generazione.

In genere, nel campo dell’energia sono ancora preponderanti i progetti dove il digitale quasi non viene usato o ha un impiego di base, legato alla connettività o alla disponibilità di informazioni. E arrivano appena a 47 milioni di euro gli investimenti in progetti digitali che hanno a che vedere con l’uso smart dell’energia, nella maggior parte dei casi gestiti con “cabine di regia” troppo ristrette che faticano a integrare tutti gli attori pubblici e privati del sistema.

E’ quanto emerge dalla seconda edizione del Digital Energy Report redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano con la collaborazione di numerose aziende partner e presentato oggi.

Tutto negativo? Non pare proprio. “C’è stata una crescita importante, soprattutto nell’ultimo triennio, del numero di pro­getti di digital energy a livello di città – commenta Vittorio Chiesa, Direttore responsabile dell’Energy&Strategy Group -, con una maggiore attenzione alla varietà degli ambiti contemporaneamente interessati, dal living alla mobility all’environment, e un aumento ancora più sostenuto degli investimenti da parte dei privati sulle tecnologie, con un primo timido affacciarsi di esperimenti di community. Una crescita che ha riguardato anche gli esempi di applicazione di tecnologie digitali di seconda generazione, dalla blockchain ai big data & analytics. A volerla vedere in positivo, quindi, vi è un substrato di apparati e infrastrutture che si sta costruendo e che può rappresentare un punto di svolta, o se vogliamo di partenza, per lo sviluppo della digital energy nelle nostre città smart”.

Digital energy e smart city in Italia – Il Digital Energy Report 2018 ha identificato e mappato l’utilizzo delle soluzioni di digital energy all’interno delle smart city. Tre i filoni: living, che ha a che vedere con gli edifici e l’illuminazione pubblica; mobility, che riguarda le soluzioni e le infrastrutture per la mobilità; environment, che riguarda la produzione di energia, le infrastrutture di rete e la gestione dei rifiuti. Dall’incrocio di queste tre dimensioni è stato possibile classificare i progetti in 15 smart city italiane.
“Le soluzioni mappate sono quelle che hanno visto un’azione di regia esplicita da parte della città analizzata – spiega Chiesa -. E’ evidente come vi siano molto maggiori investimenti in tecnologie per la digital energy da parte dei privati e delle imprese sul territorio. Pur tuttavia, una cosa è dotarsi di soluzioni e tecnologie di digital energy in maniera indipendente e autonoma, altro è integrarle con una forma di regia, con l’esplicito obiettivo di offrire un servizio che migliori l’efficienza energetica della comunità. Il quadro che esce non è roseo, ma va interpretato come uno stimolo ad aumentare gli investimenti coordinati e a integrare quanto fatto dai privati”.

L’esempio di Milano – Ad esempio, ecco i numeri della città di Milano: 43 i progetti attualmente in essere relativi al comparto energia, dei quali oltre la metà (55%) in ambito mobility, il 26% living e il 19% environment. Ben il 59% però è stato classificato come analogico, cioè senza soluzioni digitali, il 32% come digital-enabled (cioè con la tecnologia come elemento abilitatore) e solo il 9% come vera soluzione digital. Non è dunque possibile definire Milano una città evoluta digitalmente, tuttavia ha intrapreso dal 2012 un percorso di digitalizzazione e sta introducendo a poco a poco una serie di servizi che vedono il fattore digitale più come abilitatore che come elemento chiave per la sua fruizione. In più, nella maggior parte dei progetti il Comune di Milano ha un ruolo centrale di pro­motore e sponsor delle iniziative.

Il quadro Italia – In Italia sono stati mappati 353 progetti in essere relativi al comparto energia, di cui il 28% in ambito environment, il 40% mobility e il 32% living. Di essi, ben il 74% è analogico, cioè senza soluzioni digitali, il 21% è digital-enabled e appena il 5% è veramente digitale. Si conferma dunque il trend che vede i progetti analogici come preponderanti, ma la presenza seppur minoritaria delle altre due categorie lascia ben sperare per il futuro.

Un viaggio lungo lo stivale tra digital e digital-enabled – Le grandi città presentano pochi progetti digital, generalmente sotto il 10%, ma quelli digital-enabled sono il doppio o il triplo. Ciò potrebbe indicare che città come Milano, Firenze e Torino, ma anche Modena, Rimini o Reggio Emilia tra le piccole, stanno educando gradualmente i cittadini in modo da implementare in futuro soluzioni maggiormente digitali. Altre grandi città invece hanno adottato strategie di sviluppo differenti: Bologna ha puntato fortemente su soluzioni integrate che coprissero sia la mobilità che il living e l’environment, che è l’approccio preferibile perché il più efficace.
Al contrario, Torino e Padova si sono focalizzate quasi soltanto su uno dei tre filoni, mentre Milano e Genova hanno scelto un approccio ibrido, impegnandosi maggiormente in un ambito senza dimenticare gli altri due. Le città più piccole hanno sviluppato molti meno progetti rispetto alle grandi ma hanno coperto generalmente almeno due dei tre aspetti.
Poche città, tra cui Milano, Bologna, Bergamo e Rimini, hanno avviato soluzioni di efficientamento dell’illuminazione pubblica e monitoraggio da remoto, in alcuni casi unite all’utilizzo di rilevatori di presenza per una migliore ottimizzazione. Circa la metà delle realtà analizzate è partita dalla mobilità prima di affrontare gli altri filoni; come controprova, in ambito environment le poche soluzioni attuate sono ancora analo­giche e gli unici progetti digital-enabled riguardano la gestione dei rifiuti, con cassonetti intelligenti che hanno cominciato a diffondersi negli ultimi anni.

Le “cabina di regia” – Ogni progetto è stato realizzato con la collaborazione di numerosi enti, vale quindi la pena di analizzare come ha funzionato la “cabina di regia”, ossia l’insieme degli attori che hanno definito e implementato i progetti e i ruoli che hanno assunto. E’ stato possibile estrapolare tre differenti modelli.
Il primo è caratterizzato dalla collaborazione tra enti pubblici e aziende private sia nella definizione che nell’implementazione, come nel caso dei progetti Gestione info Mobilità (GiM) a Milano, Venezia, Firenze e Reggio E­milia, Piattaforma Traffi­co a Firenze e Rimini, Isole Digitali a Milano e Sistema di navigazione della rete infrastruttura­le del TPL a Modena.
Il secondo vede la collaborazione tra enti pubblici, aziende pubbliche e private, come nel caso di S.I.MO. NE. (Sistema Innovativo di gestione della Mobilità per le aree metropoli­taNE) a Bologna, Tori­no e Genova ed il Portale alert Mobilità a Milano.
Il terzo unisce enti pubblici, aziende, aziende no-profit, università e istituti di ricerca, come nei progetti Isola Digitale a Bergamo, REGAL a Vicenza, Smart Ligh­ting 4 smart digital city e QROWD a Trento, MOV-e a Genova, Smart City Test Plan a Bologna e Cassonet­ti Intelligenti a Milano.

Gli investimenti – Gli investimenti complessivi dei progetti mappati ammontano a poco più di 47 milioni di euro, il 52% in ambito environment, mentre il mobiity pesa per il 30% e il living appena per il 18. Il confronto tra la ridotta disponibilità di fondi pubblici stanziati e le attività di investimento che invece i privati stanno portan­do avanti su soluzioni e tecnologie abilitanti la digital energyin ambi­to urbano è veramente impietoso.
Dunque, se si amplia l’orizzonte di analisi anche a ciò che sta accadendo nel settore privato, e non solamente in quello pubblico, si può notare come gli investimenti in ambito energetico siano in crescita, benché legati ancora a soluzioni analogiche più che digitali.
“L’amministrazione pubblica dovrebbe porsi in questo ampio scenario come un faro capace di sviluppare e fornire una guida a livello di organizzazione complessiva – conclude Chiesa -, ad esempio identificando un’appropriata normativa che spinga gli investimen­ti privati verso tecnologie digitali, come è stato fatto nel settore indu­striale con il Piano Industria 4.0. Inoltre, dovrebbe identificare una cabina di regia replicabile ed efficacie composta non solo dal Comune o dalla Provin­cia sede del progetto ma anche da aziende private, università, centri di ricerca, così da orientare verso soluzioni sempre più digitali”.

Le soluzioni di digital energy emergenti per le smart city – Lo sviluppo delle Smart City è legato a quello delle tecnologie digitali: quali sono i trend di maggiore rilievo e quali impatti potranno avere in futuro? La parte finale dell’Osservatorio fornisce una visione d’insieme delle principali soluzioni digital applicate al settore dell’energia, in particolare quelle legate alla blockchain e ai big data and analytics.

Blockchain – La blockchain è una tecnologia che permette la gestione di transazioni condivise tra più nodi di una rete senza il bisogno di intermediari. In ambito energetico, i principali vantaggi includono la sicurezza, la decentralizzazione, la trasparenza, l’efficienza e la velocità: attraverso gli smart contract (programmi che registrano i termini di un accordo di transazione tra due o più parti all’interno di righe di codice depositate nella blockchain) viene attivato il pagamento in tempo reale, eliminando i costi relativi alla fatturazione e ai mancati pagamenti.
Nel Rapporto si sono considerati i vari tipi di blockchain, “permissionless”, “permissioned” e ibride, sulla base della tipologia di accesso (aperta o chiusa) e di controllo (centralizzato o diffu­so). Sono quindi state mappate in ambito energy le varie applicazioni in base ai filoni di riferimento.

  • Living: si potrebbero utilizzare criptovalute basate sulla blockchain per effettuare il pagamento dell’energia consumata. I benefici per le utility includerebbero la riduzione dei tempi di fatturazione, del capitale circolante e dei mancati pagamenti (così come dei relativi costi di recupero crediti). Si ipotizzano anche alcuni vantaggi per gli utenti finali: tramite microgrid private, ad oggi non abilitate a livello di normativa, potrebbero utilizzare gli smart con­tract per fatturare l’erogazione.
  • Mobility: la blockchain potrebbe contribuire alla diminuzione dell’impatto negativo della mobilità elettrica sulla rete di trasmissione e distribuzione elettrica, abilitando anche la ricarica V2G/V2X.
  • Environment: la tecnologia blockchain potrebbe facilitare lo sviluppo di piattaforme decentralizzate per la vendita di commodity energetiche, incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili, automatizzare il processo di emissione dei certificati verdi, facilitare la vendita di energia elettrica P2P e la creazione di microgrid. Infine, una volta superate le limitazioni normative, favorirà l’aumento del numero di soggetti abilitati a fornire servizi legati alla flessibilità grazie all’aggregazione di impianti e/o microgrid in Virtual Power Plants.

Big data and Analytics – Le città sono una fonte inesauribile di dati e informazioni. Il punto di partenza per le smart city sta proprio nella consapevolezza di disporre di un patrimonio che acquista valore se si ha la capacità di analizzarlo: dati generati in modo consapevole e altri “inconsape­voli”, dati pubblici e privati, dati finalizzati a un obiettivo o alla conoscenza del territorio. Il tutto genera un flusso di informazio­ni che permette di leggere sempre più in dettaglio come vie­ne vissuta la città e fornire servizi ai cittadini.
Per diventare smart, le città devono impegnarsi su tre livelli, che definiscono l’architettura smart city in ambito dati: apparati fisici, cioè contatori, sensori, rete di trasmissione; gestione ed elaborazione del dato (big data, analytics, piattaforme); utilizzo del dato elaborato per la fruizione di servizi connessi alla città.

Criticità – Esistono tuttavia diverse criticità legate alla raccolta e all’utilizzo dei dati resi disponibili dai sensori, così come all’interoperabilità delle informazioni, alla standardizzazione dei processi di reperimento e alla velocità necessaria alla fruizione in real time, alla privacy e all’accessibilità dei dati ai provider di servizi. Perché cittadini e aziende possano godere a pieno dei benefici, è opportuno che i dati raccolti siano accessibili e resi disponibili a tutti gli utilizza­tori, in modalità open data.

Dopo aver analizzato le caratteristiche delle tecnologie big data e analytics, sono state mappate le seguenti ap­plicazioni specifiche all’ambito ener­gy.

  • Living: il consumo domestico e aziendale di elettricità potreb­be essere ridotto considerevol­mente con l’utilizzo di data platform, incentivando l’a­dozione di comportamenti più consapevoli da parte dei resi­denti e aumentando l’efficien­za energetica delle aziende.
  • Mobility: il crescente sviluppo delle data platform impatterà notevolmente sulla mobilità cittadina. Lo smart street lighting, ovvero l’installazione di “pali smart” con sen­sori per il monitoraggio ambientale, la gestione del flusso luminoso, il rilevamento del traffico veicolare/pedonale, offre informazioni ri­guardo a condizioni meteo, analisi ambientali, traffico, situazioni critiche, videosorveglianza, disponibilità di parcheggi, internet access point. Grazie alle piattaforme Internet of Things (IoT) i dati raccolti dai sensori permetteranno di proporre ai cittadini una gamma sempre più ampia di servizi, regolare in tempo reale il flusso luminoso erogato dai lampioni, promuovere l’utilizzo del trasporto pubblico locale riducendone tempi e costi. Si faciliterà lo sviluppo di tecnologie di autonomous driving, aumentando la sicurezza stradale.
  • Environment: considerando le fonti rinnovabili variabili e intermittenti, l’adozione di data platform aumenterà l’efficienza di produzione degli impianti fotovoltaici ed eolici. Il bilanciamento delle microgrid sarà reso più efficiente, permettendo di raggiungere livelli più elevati di autosufficienza energetica. Inoltre, le piattaforme dati consentiranno di individuare agevolmente perdite idriche e intervenire prontamente, rendere più efficiente la raccolta dei rifiuti urbani e supportare lo sviluppo di smart district, quartieri a basso impatto ambientale.

Il Rapporto si conclude descrivendo le principali tecnologie digitali, le loro funzionalità e i motivi di successo e insuccesso, in particolare nel settore energia, applicabili alla dimensione smart city/smart community o a quella di nuovi servizi messi sul mercato dalle imprese. Molte sono già disponibili oppure in fase avanzata di progettazione, ma restano numerose sfide da fronteggiare per permetterne una implementazione più diffusa, prime fra tutte il blocco normativo derivato da una legislazione frammen­taria e non dedicata, come avvie­ne invece con il Piano Industria 4.0, e la marcata difficoltà nella condivisione dei dati e nell’allineamento degli investimenti, pubblici e privati.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

WWF, la mappa delle specie in via d’estinzione

Next Story

Agromafie, un business (in crescita) da 24,5 miliardi