Mediterraneo, sul satellite ci sono le balenottere

Monitorare gli spostamenti delle balenottere nel Mediterraneo con un tracking satellitare, ossia un sistema basato su sei satelliti orbitanti tra il Santuario Pelagos e lo Stretto di Sicilia, che consente di ottenere i dati sul loro posizionamento per 12 ore al giorno in due “finestre” di sei ore ciascuna.


E’ quanto hanno fatto alla fine della scorsa estate e per tutto l’inverno l’Istituto Tethys e l’ISPRA, che per la prima volta hanno seguito attraverso i satelliti alcuni esemplari di balenottere comuni (Balaenoptera physalus) nei loro spostamenti, descrivendo i movimenti di questi mammiferi marcati nel Santuario Pelagos e nello Stretto di Sicilia, aree dove gli animali si concentrano particolarmente per alimentarsi.
Il Mediterraneo ospita una popolazione di balenottere comuni studiate con regolarità ormai da oltre 30 anni, soprattutto nel Mar Ligure e Mar di Corsica, dove questi grossi animali hanno i loro “quartieri”estivi di alimentazione. Qui si alimentano di “sciami” composti dal “gamberetto” Meganicthyphanes norvegica. Alcuni studi avevano tenuto d’occhio gli spostamenti in estate nel Mediterraneo settentrionale, mentre ben poco si sapeva finora degli spostamenti e dei luoghi utilizzati in inverno.
Perché questo studio? In altre parti del mondo, le balenottere comuni tendono a migrare tra i quartieri estivi – in cui si alimentano – e quelli invernali – dove si dedicano alla riproduzione; nel Mediterraneo, trattandosi di una popolazione di balenottere isolata e di un ambiente diverso, avviene qualcosa di simile oppure il loro comportamento è differente? Fino ad oggi non c’era una risposta definitiva a questa domanda, così come al dubbio se le balenottere migrano verso zone ben precise a sud o se invece si disperdono o, addirittura, rimangono a nord. Per dare una risposta, i ricercatori hanno impiegato il sistema Argos, basato su sei satelliti orbitanti; 13 esemplari di balenottera comune sono così stati equipaggiati con trasmettitori satellitari, per seguire gli spostamenti a medio-lungo raggio e identificare specifici habitat da proteggere e tutelare. 8 balenottere sono state marcate nel settembre 2012 nelle acque del Santuario Pelagos e 5 nelle acque dello Stretto di Sicilia, al largo dell’isola di Lampedusa, nel marzo 2013 e 2015. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su “Scientific Reports” ( www.nature.com/articles/s41598-017-03560-9) e per la prima volta in assoluto è stato individuato uno spostamento degli esemplari dallo Stretto di Sicilia alle aree di alimentazione del Santuario Pelagos; uno spostamento che avviene in tardo inverno inizio primavera e che pone gli esemplari al rischio di collisioni in zone di intenso traffico navale.
Lo scopo era di ottenere informazioni di vitale importanza, come l’esistenza di eventuali siti di riproduzione finora sconosciuti, l’entità degli scambi con l’Atlantico (se ve ne sono), e le eventuali rotte migratorie, oltre ad individuare aree che necessitano di una protezione speciale (analogamente al Santuario Pelagos, istituito per i cetacei nel Mediterraneo settentrionale). Inoltre, le rotte invernali sono state sovrapposte alle informazioni sul traffico marittimo; a tutt’oggi le collisioni con le imbarcazioni, soprattutto di grande stazza, rappresentano una gravissima minaccia per i grandi cetacei e per questa specie in particolare.
Il progetto, che Tethys ha messo in opera per conto della Direzione Protezione Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, si avvale della collaborazione, oltre che dell’ISPRA, dell’IWC (International Whaling Commission), del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e dell’Area Marina Protetta Isole Pelagie. La ricerca è stata compiuta su specifica autorizzazione da parte degli uffici competenti di Francia, Italia e Principato di Monaco, e condotta nel massimo rispetto dei criteri, sia legali che etici, del benessere animale.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Previous Story

Sono più di 3 milioni i cittadini rifiuti free

Next Story

Dal 23 giugno gli arazzi tessuti nell’Oasi WWF di Penne in mostra al Macro di Roma