Nel nostro paese ben 1000 ettari di terreno sono già destinati alla coltivazione della canapa, ovvero la cannabis “sativa”, che sta tornando prepotentemente nelle campagne con oltre 300 aziende. Un dato che si inserisce nel dibattito relativo alla discussione sulla legalizzazione della cannabis “indica”, che è una parente stretta dal punto di vista botanico.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che le condizioni pedoclimatiche della Penisola sono particolarmente favorevoli alla coltivazione dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Friuli V.G. Sicilia e Sardegna. Se le coltivazioni sperimentali e quelle realizzate a scopo terapeutico della cannabis “indica” hanno dato buoni risultati un vero boom si è verificato in Italia per quella “sativa” spinto, spiega la Coldiretti, dalle molteplici opportunità di mercato che offre questa coltivazione particolarmente versatile e dalla quale si ottengono dai tessuti ai materiali edili, ma anche olio, vernici, saponi, cere, cosmetici, detersivi, carta, imballaggi ma anche pasta e birra. E’ in realtà, rileva la Coldiretti, un ritorno per una coltivazione che fino agli anni ‘40 era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica). Il declino, spiega la Coldiretti, è arrivato per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche, ma anche dalla campagna internazionale contro gli stupefacenti che ha gettato un’ombra su questa pianta. ll Governo italiano nel 1961 sottoscriveva una convenzione internazionale chiamata “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” (seguita da quelle del 1971 e del 1988), in cui la canapa sarebbe dovuta sparire dal mondo entro 25 anni dalla sua entrata in vigore mentre nel 1975 esce la “legge Cossiga” contro gli stupefacenti, e negli anni successivi gli ultimi ettari coltivati a canapa scompaiono. Oggi le Istituzioni – conclude la Coldiretti – sono consapevoli dell’esigenza di creare un quadro legislativo di minore rigidità che possa valorizzare le caratteristiche distintive della canapa italiana con nuove norme all’esame del Parlamento.