Secondo un’inchiesta di Greenpeace, gli incendi che negli ultimi mesi hanno distrutto le foreste torbiere del Borneo sono stati provocati da compagnie produttrici di olio di palma cosiddetto “sostenibile”.
I ricercatori di Greenpeace hanno esaminato tre piantagioni della regione occidentale e centrale del Kalimantan (Borneo indonesiano), dove sono stati registrati gli incendi più gravi durante la crisi ambientale e sanitaria che ha di recente colpito l’Indonesia.
Queste piantagioni sono di proprietà delle compagnie indonesiane IOI Group, Bumitama Agri Ltd e Alas Kusuma group. Aziende che fanno parte di importanti enti di certificazione di sostenibilità, tra cui la Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile (RSPO) e il Forest Stewardship Council (FSC).
«Chiediamo ad RSPO e FSC di agire tempestivamente per fare chiarezza su quanto accaduto ed espellere le aziende complici del dilagare degli incendi che distruggono le foreste torbiere e soffocano il Sud-est asiatico», afferma Martina Borghi, campagna Foreste di Greenpeace Italia.
L’olio di palma ricavato da queste piantagioni viene immesso sul mercato da commercianti di materie prime come Wilmar International, IOI Loders Croklaan e Golden Agri Resources, e arriva anche nei prodotti di quei marchi internazionali che hanno adottato politiche di “No deforestazione”.
«Quanto accaduto indica che purtroppo i progressi fatti finora dalle singole aziende che acquistano olio di palma sostenibile non sono sufficienti a evitare che i loro fornitori distruggano le foreste», continua Borghi. «Per risolvere il problema alla radice è indispensabile che le compagnie che acquistano e utilizzano materie prime indonesiane lavorino insieme per far rispettare unimpegno globale del settore contro l’uso di olio di palma da deforestazione».
Vista la scarsa affidabilità degli schemi RSPO, spiega Greenpeace, nel 2014 è nato il Palm Oil Innovations Group (POIG), con l’obiettivo di spezzare il legame tra la produzione di olio di palma e la deforestazione. Questo gruppo, che riunisce compagnie che producono e utilizzano olio di palma e ONG ambientaliste, mira a rafforzare e rendere più ambiziosi gli standard dell’RSPO, concentrandosi su tre tematiche: responsabilità ambientale, partnership con comunità locali e integrità aziendale e di prodotto. Di recente hanno aderito a questa iniziativa marchi come Ferrero, Danone, Stephenson e Boulder, così come il gigante indonesiano dell’olio di palma Musim Mas Group.
Poche settimane fa, il presidente indonesiano Joko Widodo ha promesso di bandire ogni ulteriore sviluppo delle attività produttive che vadano a discapito delle torbiere, anche all’interno di concessioni già esistenti. Nonostante da diversi anni sia in vigore una moratoria sulle nuove concessioni di torbiere, questa sospensione non viene applicata con rigore dai governi locali e nei distretti, dove l’assegnazione delle terre è spesso legata alla corruzione. Una delle piantagioni esaminate da Greenpeace è infatti stata concessa nonostante il terreno in questione sia interessato dalla moratoria.
«Dal 1990 ad oggi, l’Indonesia ha perso un quarto delle sue foreste a causa dell’espansione indiscriminata delle piantagioni di palma da olio e cellulosa. Oggi tutti parlano della necessità di porre fine alla deforestazione, ma abbiamo bisogno di azioni urgenti, non solo di parole», conclude Borghi.
Leggi anche:
Ambiente, Greenpeace: stanno distruggendo le foreste del panda
Clima, la posizione europea. Critica Greenpeace.
Greenpeace e i Ka’apor per difendere la Foresta Amazzonica
Greenpeace, energy revolution, un futuro tutto rinnovabile nel 2050
Greenpeace: efficienza e rinnovabili antidoto alla crisi economica