Economia, il futuro è green. E in Italia…

Economia, il futuro è green. E in Italia…
Economia, il futuro è green. E in Italia…

Il verde è da sempre il colore della speranza; tale concetto, se vogliamo “romantico”, assume un significato decisamente più pragmatico che simbolico se ricollegato all’universo del lavoro e alle prospettive occupazionali del futuro. È ormai assodato che la necessità di tutelare l’ambiente e di guardare con spirito diverso alle risorse preziose della green economy non sia la convinzione di una stretta minoranza; oggi più che mai appare evidente l’importanza di rapportarsi con maggiore serietà e senso di responsabilità ad un mondo per troppo tempo sottovalutato, in grado tra l’altro di fornire importanti risvolti occupazionali.

Ad esempio secondo la Coldiretti, la green economy offre posti per nuove professionalità, come l’agriarredatore o il bioingegnere; inoltre, aumenta in maniera sensibile la percentuale degli iscritti agli istituti agrari superiori, attestandosi ad un significativo +12% rispetto all’anno passato.
La situazione odierna è sicuramente migliorata e in evoluzione, ma anche nel 2014 persistono dubbi e resistenze circa l’opportunità di puntare in maniera forte e decisa sulla green economy. Gli investimenti, benché in costante crescita, scontano ancora una diffidenza che si fatica a superare definitivamente; di conseguenza, sebbene la competitività italiana sia comunque destinata a crescere nel settore, le aziende green del Belpaese puntano sull’export.
Alcuni esempi: il Presidente dell’Associazione italiana per il solare termodinamico (Anest), Gianluigi Angelantoni, afferma che il Giappone, una delle principali potenze mondiali, guarda con grande interesse alle tecnologie solari, specialmente dopo il traumatico incidente di Fukushima (fonte Adnkronos). Anche l’Arabia Saudita pare intenzionata a effettuare grossi investimenti nel settore delle energie rinnovabili. A spingere questi Paesi verso le fonti rinnovabili è l’idea di destinare il petrolio soprattutto all’esportazione, abbinando enormi potenziali guadagni ad un ambiente decisamente più sano: sempre il Presidente di Anest, ad Adnkronos, spiega come sia decisamente più conveniente vendere all’estero il petrolio a 100 dollari al barile, invece che accontentarsi di venderlo entro i confini nazionali a 2 dollari al barile.
Per quel che concerne il nostro Paese, i numeri della green economy sono decisamente in crescita: secondo il rapporto annuale di Unioncamere e Fondazione Symbola GreenItaly 2013. Nutrire il futuro sono 328mila le aziende italiane (il 22%)dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente che dal 2008 hanno investito, o lo faranno a breve, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale e risparmiare energia. Chi investe green, inoltre, è più forte all’estero: secondo il rapporto il 42% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno. Dalla green economy nazionale arrivano segnali positivi anche sul tema dell’occupazione giovanile: il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate nel 2013 dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti green.
Di certo non bisogna mollare la presa e per crescere ancora anche dentro i confini nazionali, il settore dovrà essere organizzato attraverso una rete tra le imprese, favorita dall’irrinunciabile e concreta presenza istituzionale: per tutto ciò occorre però il coraggio di inoltrarsi su una strada nuova, sicuramente più “pulita” e potenzialmente anche molto redditizia. Ferdinando Morabito

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