La domanda globale di energia crescerà di un terzo di qui al 2035. Il 40% sarà soddisfatto con le rinnovabili. Ma le fossili continueranno a fornire il 76% del fabbisogno energetico, spingendo il mondo verso un aumento di temperatura di 3,6 °C rispetto ai livelli preindustriali. Lo prevede il rapporto della Iea, l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel rapporto World Energy Outlook 2013 all’interno dello scenario più realistico tra quelli presentati, che presuppone che si tenga fede agli impegni di riduzione delle emissioni presi fino ad ora.
Mentre l’uso del carbone è destinato a declinare nei paesi OECD, a causa delle legislazioni ambientali, si prevede invece che continuerà a crescere negli emergenti. Se la domanda OECD cala di un quarto, quella non-OECD cresce di un terzo. Lo share nel mix elettrico mondiale cala dal 41% attuale al 33 del 2035, ma rimane la più importante.
Secondo il rapporto, il baricentro del mondo dell’energia è infatti sempre più spostato verso le economie emergenti: il 90% della crescita della domanda dei prossimi 22 anni verrà da lì, con la Cina a trainare nella prima decade e India e Sud Est asiatico nella seconda. Anche i paesi del Medio Oriente consumeranno sempre di più e dunque esporteranno meno gas e petrolio.
Conseguenza? Emissioni in crescita. Quelle del settore energetico sono destinate a registrare un + 20% nei prossimi 22 anni, + 3,6 °C sopra i livelli preindustriali, dunque ben al di là della soglia critica dei 2 °C.
Per il direttore esecutivo dell’AIE Maria van der Hoeven “grandi cambiamenti stanno emergendo nel mondo dell’energia, in risposta alla crescita economica, agli sforzi di decarbonizzazione e alle scoperte tecnologiche. Abbiamo gli strumenti per affrontare tale cambiamento profondo del mercato”.