Sabato 7 ottobre al Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara (ore 9,30-13,30), si svolge il convegno “Il futuro del Delta del Po – Tutela della biodiversità e del paesaggio, equilibrio idrogeologico e sviluppo sostenibile” organizzato da una coalizione di 14 associazioni: Italia Nostra, Legambiente, WWF Italia, Lipu, Marevivo, Slow Food Italia, Touring Club Italiano, CTS, FederBio, Pro Natura, Associazione per l’Agricoltura biodinamica, CIRF, AIAB, AIPIN, FederBio.
Il convegno, cui prenderanno parte autorevoli esponenti della comunità scientifica ed esperti delle comunità locali, vuole offrire al pubblico riflessioni e spunti sul futuro del Delta. Un patrimonio unico, costituito dal più grande sistema di aree umide del nostro paese alla foce del più importante fiume della Penisola. È questo il Delta del Po, vero e proprio scrigno di biodiversità che le associazioni vogliono tutelare attraverso un Patto territoriale che promuova una migliore gestione e valorizzazione, in accordo con la società civile, di una zona umida di importanza internazionale dove sperimentare concretamente una riconversione ecologica dell’economia che superi le lavorazioni inquinanti (dismissione della centrale termoelettrica di Porto Tolle) e rinnovi le attività tradizionali sostenibili, come quelle legate alla piccola pesca e dilettantistica, in un quadro di promozione ecoturistica internazionale.
Le Associazioni che hanno promosso l’inizitiva ritengono che il Delta del Po possa diventare un’area pilota su scala nazionale ed internazionale dove sperimentare forme di tutela e gestione integrata e dinamica della biodiversità e del territorio, che tengano conto delle necessarie misure di adattamento ai cambiamenti climatici, mirando ad abbattere l’inquinamento delle acque, del suolo e dell’aria, attraverso politiche attive sostenibili di riconversione e ottimizzazione degli impianti industriali e dell’apparto produttivo e delle pratiche agricole, anche attraverso la promozione dell’agricoltura biologica e biodinamica. Le Associazioni promotrici ritengono, infatti, che le istituzioni debbano rafforzare la loro capacità di fare sistema, come dimostra il successo della proposta MAB UNESCO, tenendo conto dei saperi e delle proposte delle popolazioni locali e della necessità di tutelare un patrimonio unico al mondo.